Dal 9 ottobre al 30 novembre 2025, Fondazione Nicola Trussardi e Palazzo Morando
Costume Moda Immagine presentano Fata Morgana: memorie dall’invisibile, una mostra ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi per Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, a cura di Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini.
La mostra, a ingresso gratuito, segue il filone e il successo di importanti progetti espositivi organizzati dalla Fondazione Nicola Trussardi in collaborazione con altre istituzioni milanesi, che hanno segnato la vita culturale della città negli ultimi vent’anni: La Grande Madre (Palazzo Reale, 2015, promossa da Comune di Milano | Cultura) e La Terra Inquieta (Triennale
Milano, 2017, in collaborazione con Fondazione Triennale di Milano).
Fata Morgana: memorie dall’invisibile è pensata dalla Fondazione Nicola Trussardi appositamente per gli spazi di Palazzo Morando e prende forma proprio dal dialogo con il palazzo – raffinato edificio barocco situato nel cuore del Quadrilatero della Moda – e con la sua storia e la sua collezione.
Oggi sede museale dedicata alla memoria storica e al costume della città di Milano, Palazzo Morando fu infatti dimora della contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini (1876–1945), figura di spicco della società milanese a cavallo tra Ottocento e Novecento. Donna di cultura e mecenate, la Contessa costruì una straordinaria biblioteca dedicata a discipline allora considerate eccentriche e marginali: alchimia, teosofia, spiritismo, esoterismo e occultismo, raccolta oggi custodita presso l’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana. Grande filantropa e benefattrice, ma anche collezionista appassionata di testi “proscritti”, ottenne persino dalla curia milanese una dispensa per continuare i suoi studi in ambiti considerati eterodossi. Il suo salotto milanese era luogo di incontro di artisti, intellettuali e
sperimentatori attratti dalle nuove frontiere del pensiero occulto. Questa doppia anima – aristocratica e filantropica da un lato, mistica ed esoterica dall’altro – fa di Palazzo Morando non solo uno spazio espositivo, ma il cuore concettuale di Fata Morgana: la mostra diventa così un dialogo tra l’eredità della Contessa e le ricerche artistiche che, dall’Ottocento
a oggi, hanno sondato il mistero dell’invisibile.
Il titolo del progetto evoca la figura mitologica di Fata Morgana, personaggio leggendario del ciclo arturiano, custode di segreti e illusioni, spesso associata a luoghi misteriosi come l’isola di Avalon, terra di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
Nell’immaginario collettivo è una maga potente – ora benevola, ora spietata – capace di incantesimi, sortilegi e inganni, ma anche, nelle interpretazioni più recenti, una donna libera, indipendente e anticonformista, che vive senza piegarsi alle regole imposte dalla società.
La mostra trae ispirazione dal poema Fata Morgana, che André Breton compose nello stesso 1940, durante il suo esilio a Marsiglia, in fuga dall’avanzata nazista. In quelle pagine visionarie, tra apparizioni improvvise e oracoli enigmatici, Breton evocava un altrove in cui visibile e invisibile si confondono, dove sogno e realtà si intrecciano fino a dissolvere i
loro confini. È a partire da questo immaginario, sospeso tra incanto e rivelazione, che prende forma Fata Morgana: memorie dall’invisibile, concepita come un museo temporaneo nel museo, in relazione con gli ambienti suggestivi di Palazzo Morando.
Attraverso più di duecento opere tra dipinti, fotografie, film, documenti, disegni, sculture e oggetti rituali, la rassegna compone una costellazione di settantotto figure – medium, mistiche, visionarie, artiste e artisti contemporanei – che hanno tentato di aprire varchi tra il mondo terreno e dimensioni invisibili. L’esposizione indaga le contaminazioni tra arti visive e misticismo, fenomeni paranormali, spiritismo, esoterismo, teosofia e pratiche simboliche, mostrando come ricerche considerate eccentriche o marginali abbiano avuto la forza di scardinare convenzioni consolidate, ridefinendo il ruolo dell’arte nella società.
Ne emerge un vero e proprio atlante dell’invisibile, popolato da estasi, apparizioni e visioni medianiche, che restituisce la potenza immaginativa di esperienze capaci di ridefinire i confini stessi dell’arte. Lontana dal voler dimostrare la veridicità del soprannaturale, Fata Morgana racconta invece come, tra Ottocento e contemporaneità, queste pratiche abbiano rispecchiato ansie e desideri collettivi, interrogando i rapporti tra conoscenza e mistero, fede e scienza, memoria e immaginazione.
Al centro del percorso è presentato un corpus raro e prezioso – esposto per la prima volta in Italia - di sedici tele di Hilma af Klint (1862–1944), pittrice svedese che, guidata da esperienze medianiche e sedute spiritiche, intraprese a partire dal 1906 un cammino radicalmente innovativo, dando forma a un linguaggio artistico astratto e simbolico del tutto originale, sviluppato ben prima degli esperimenti di Wassily Kandinsky e Piet Mondrian, tradizionalmente riconosciuti come pionieri dell’astrazione. Le opere di af Klint, rimaste celate per decenni secondo la volontà dell’artista stessa, rappresentano oggi uno dei capitoli più enigmatici e rivoluzionari della storia dell’arte moderna: testimonianze di un’arte concepita come trascrizione visiva di messaggi ultraterreni, di forze invisibili e immateriali che trovano nella pittura un canale privilegiato.
In esse si intrecciano geometrie cosmiche e motivi organici, visioni astrali e simbologie spirituali, dando vita a una cosmologia pittorica che anticipa le grandi rivoluzioni dell’arte del Novecento e che soltanto negli ultimi anni ha trovato pieno riconoscimento internazionale.
Le tele di af Klint diventano fulcro e catalizzatore di un dialogo che si estende ad altre figure storiche che, in epoche diverse, hanno sondato gli stessi territori. Tra queste, Georgiana Houghton, che già nel 1871 esponeva a Londra i suoi acquerelli astratti realizzati sotto la guida di spiriti guida, sfidando il pubblico vittoriano con immagini che non trovavano
alcun paragone nell’arte del suo tempo. O Annie Besant, teosofa e attivista, che insieme a Charles Leadbeater sviluppò il concetto delle “forme-pensiero”, diagrammi visivi delle energie mentali destinati a influenzare profondamente la sensibilità di artisti e intellettuali di inizio Novecento. A queste si affiancano le opere di Emma Kunz, visionaria guaritrice svizzera, che tracciava grandi diagrammi geometrici utilizzandoli come strumenti terapeutici per diagnosticare e curare malattie, e le fotografie di Eusapia Palladino, celebre medium napoletana la cui fama attraversò l’Europa di fine Ottocento attirando l’attenzione di scienziati e studiosi come Cesare Lombroso e i coniugi Curie. Il percorso incontra poi l’opera monumentale di Augustin Lesage e le architetture immaginarie di Fleury-Joseph Crépin, entrambi autodidatti e di umili origini, che dichiaravano di essere guidati da voci ultraterrene nel realizzare tele rigorosamente simmetriche, costellate di costruzioni fantastiche e simboli sacri, come se ogni quadro fosse un tempio o una cattedrale eretta per ordine degli spiriti.
Queste voci pionieristiche, poste ai margini della storia ufficiale dell’arte, dialogano in mostra con una costellazione di artisti moderni e contemporanei che hanno esplorato le stesse tensioni con linguaggi radicalmente diversi. I film sperimentali di Maya Deren, con le loro atmosfere oniriche e ipnotiche, e di Kenneth Anger, con i loro riferimenti esoterici e rituali magici, aprono il percorso verso l’era del cinema come strumento visionario. Le fotografie di Man Ray e Lee Miller, figure centrali del Surrealismo, restituiscono un immaginario ambiguo e perturbante, sospeso tra desiderio, inconscio e spiritualità.
Accanto a loro, le visioni dissacranti e carnali di Carol Rama, le architetture in legno trasformate in cattedrali intime di Louise Nevelson, e le pratiche ironiche e militanti di Chiara Fumai, che attraverso la performance ha evocato e rianimato figure di medium e sensitive del passato, ribaltano con forza lo sguardo sulla storia e sul femminile.
Infine, una generazione più recente di artiste e artisti – da Judy Chicago, con la sua astrazione femminista, a Kerstin Brätsch, che reinterpreta le tradizioni esoteriche attraverso pitture monumentali e gestuali; da Marianna Simnett, che esplora i territori della trance e del corpo estatico, ad Andra Ursuţa, che attraverso immagini spettrali e apparizioni fotografiche interroga la presenza dell’oltre-naturale; fino a Diego Marcon, Giulia Andreani e Guglielmo Castelli – amplia il discorso con nuove forme e nuove narrazioni, mostrando come il fascino dell’invisibile continui a esercitare un ruolo centrale nella pratica artistica contemporanea.
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