DON GIOVANNI DI W. A. MOZART: L'OPERA LIRICA AL TEATRO OPENJOBMETIS DI VARESE


DON GIOVANNI DI W. A. MOZART

RED CARPET TEATRO e GIORNI DISPARI TEATRO, in collaborazione con TEATRO OPENJOBMETIS DOMENICA 10 MARZO 2019 ORE 17:00

L’opera lirica torna a Varese dopo 70 anni: la città protagonista nella produzione del Don Giovanni di Mozart

Red Carpet Teatro, Giorni Dispari Teatro e Teatro Openjobmetis di Varese il 10 marzo mettono in scena uno spettacolo realizzato con professionisti di alto profilo e in collaborazione con alcune scuole cittadine, grazie al sostegno della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate e il patrocino del Comune

Dopo 70 anni, l’opera lirica torna a Varese. È tutta varesina la produzione che metterà in scena il Don Giovanni di Mozart il prossimo 10 marzo al Teatro Openjobmetis di Varese. Red Carpet Teatro e Giorni Dispari Teatro e Teatro Openjobmetis, con il patrocinio del Comune e il sostegno della Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate, presentano un’opera corale dove accanto ai professionisti salgono sul palco anche le scuole di Varese, nell’intento di «riportare il nome di Varese tra le produzioni liriche», spiega Serena Nardi, regista del Don Giovanni e direttore artistico insieme Sarah Collu e Vittorio Bizzi di Red Carpet Teatro. «Varese ha sempre avuto una grande tradizione lirica: partendo da Verdi e Puccini che nel XIX secolo scelsero proprio il Teatro Sociale di Varese - andato poi abbattuto - per le “prove generali” delle loro opere prima di portarle alla Scala di Milano, fino al tenore Francesco Tamagno che ha voluto legare il proprio nome alla nostra città. Molti sono i melomani e i semplici appassionati».

La novità di questa produzione è la sua coralità. Praticamente tutta la città, che conserva comunque una forte attenzione alla musica, è stata coinvolta. Dal liceo musicale statale Manzoni all’artistico Frattini, i ragazzi sono stati coinvolti, misurandosi in quella che è una produzione operistica vera e propria. Il coro, che sotto la direzione del maestro Riccardo Bianchi accompagnerà l’esecuzione dell’opera, è composto interamente dagli alunni del Manzoni; qualche ragazzo è stato inoltre selezionato per suonare nell’orchestra OSM Città di Varese, impreziosita dalla presenza di alcuni filarmonici della Scala di Milano e della Verdi di Milano. I ragazzi del Frattini invece stanno facendo dei percorsi formativi sull’opera, seguendo il progetto sulla scenografia dell’assistente alla regia Daniele Piscopo», aggiunge Nardi. «Alle scuole saranno dedicati dei matinée preceduti da alcuni interventi in classe per avvicinare le nuove leve alla bellezza dell’opera e renderla così maggiormente accessibile anche a loro».

Con quasi 200 persone coinvolte nella produzione, il Don Giovanni è quindi un progetto dove non solamente si misura un’intera città, ma dove Varese torna ad essere protagonista. Molti i nomi varesini, oltre alla regista Nardi e al direttore Bianchi, metà degli interpreti in scena sono di Varese: la soprano Mariachiara Cavinato (Donna Anna), la soprano Margherita Vacante (Zerlina), il basso Oliviero Pari (Il commendatore) e il baritono Daniele Piscopo (Masetto). «Riportare l’opera in città è una sfida che, dopo la positiva esperienza del Varese Estense Festival che ha visto anche il nostro esordio alla produzione con Suor Angelica di Puccini proposta nella basilica di San Vittore, abbiamo voluto lanciare creando un gruppo di lavoro che ha trovato la pronta collaborazione di giovani e di professionisti qualificati», prosegue. «E, in attesa della messa in scena, la città sarà coinvolta con delle incursioni di musicisti e cantanti nei luoghi di aggregazione dei giovani per creare attenzione attorno ad un evento che è storico per Varese».

«Siamo contenti di poter contribuire alla realizzazione di una produzione varesina, maturata nel tempo e che ora potrà esprimersi appieno grazie alle molte importanti collaborazioni per far tornare l’opera lirica e la musica sinfonica protagoniste nel cartellone del Teatro Openjometis di Varese», aggiunge Filippo De Sanctis direttore organizzativo del Teatro di Varese che si è reso disponibile ad apportare delle modifiche scenico-strutturali al teatro per poter ospitare al meglio la rappresentazione.

«Per Varese è indubbiamente un motivo di orgoglio riportare l’opera lirica in città ed è la dimostrazione del nostro lavoro costante per far crescere l’offerta culturale, lavorando fianco al fianco delle tante realtà e associazioni presenti sul territorio - osserva il sindaco di Varese, Davide Galimberti -. L’opera lirica è un patrimonio nazionale e Varese con il Don Giovanni torna ad essere protagonista mettendo il suo nome su questa opera».

La Bcc di Busto Garolfo e Buguggiate si è posta al fianco degli organizzatori. «Il sostegno alle realtà di valore del nostro territorio di riferimento è motivo di orgoglio per la nostra banca», osserva il vicepresidente della Bcc Diego Trogher. «Questo progetto è importante per almeno tre motivi: innanzitutto, la valorizzazione della storia di Varese e della sua tradizione legata all’opera lirica; in secondo luogo, l’attenzione che viene data ai giovani. Non certo ultimo, l’importanza che la musica e la cultura hanno nella nostra società quale elementi di crescita e di sviluppo».

DOMENICA 10 MARZO 2019 ORE 17:00

RED CARPET TEATRO e GIORNI DISPARI TEATRO, in collaborazione con TEATRO OPENJOBMETIS presentano

DON GIOVANNI
DI W. A. MOZART
Dramma giocoso in due atti.
Libretto di L. Da Ponte

Personaggi e Interpreti:
Don Giovanni – Simone Marchesini
Leporello – Diego Savini
Donna Elvira – Marta Mari
Donna Anna – Mariachiara Cavinato
Il Commendatore – Oliviero Pari
Don Ottavio – Schinichiro Kawasaki
Masetto – Daniele Piscopo
Zerlina – Margherita Vacante

Orchestra OSM Città di Varese
Direttore Riccardo Bianchi
Regia di Serena Nardi

Coro del Liceo Musicale “A. Manzoni” di Varese
Maestro del coro Andrea Motta
Preparatore cantanti coro Massimiliano Broglia

Scene di Maria Paola Di Francesco
Costumi di Officine Red Carpet
Assistente alla scene e ai costumi Debora Palmieri
Luci di Manuel Frenda
Assistente alla regia Daniele Piscopo
Direttore di scena Sara Vailati
Maestro accompagnatore di sala Andrés Jesùs Gallucci
Maestro collaboratore di palcoscenico Alessandro Cerea
Responsabile sartoria, trucco e parrucco Marta Regazzoni

Si ringraziano i professori Silvia Buzzi, Carla la Ricca, Marco De Bernardi, Caterina Cantoni, Paolo Tron e Andrea Minidio.

NOTE DI REGIA

La regia di questo Don Giovanni non potrà prescindere dal punto di vista inaugurato dalla mia recente messinscena teatrale (Teatro Libero, Milano, maggio 2017) del testo <Don Giovanni ovvero il dissoluto assolto> di Josè Saramago, ultima ed interessante esplorazione attorno a questo controverso e sempre affascinante personaggio.
Perché, da qualche tempo, è cambiato radicalmente il mio modo di approcciare la mitica figura del “Burlador de Sevilla”. O , perlomeno, si è chiarito rispetto a pregiudizi, congetture e convinzioni radicate nel tempo, avallate da interpretazioni critiche sempre più volte a cercare, stanare e punire, in qualsiasi modo, il male rappresentato da questa figura ormai “quasi” mitologica.
A questo proposito, partendo quindi dalla interessante lettura di <Il mito di Don Giovanni> Jean Rousset, e alla luce delle ultime riflessioni, il nostro Don Giovanni vivrà di vita nuova.
Diventerà un’alternativa a ciò che di lui è scolpito sulla pietra.
Forse avrà il coraggio e la forza di disintegrare quella pietra.
Ci racconterà il suo tormento, la sua eccessiva smania di vita, pura e feroce espressione del suo malessere interiore, più che stupirci con il suo supposto cinismo e la spietata determinazione ad affermare la sua potenza sessuale e la capacità seduttiva fine a se stessa.

In un’epoca come la nostra in cui ogni percorso sociale, formativo e relazionale sta lentamente, con fatica ma con coscienza sempre più piena, recuperando una base di riumanizzazione, in cui l’”homo novus” del terzo millennio sta cominciando a guardarsi in faccia senza timore, Don Giovanni diventa un simbolo di riaffermazione umana. Di umanesimo, o umanismo, per stare su un concetto più vicino a noi.
Il suo disagio, il suo “non sertirsi” (o sentirsi troppo), il suo bisogno di eccedere e di vantarsi per aver frantumato regole sociali non acquisite (e, per lui e per sua natura, non acquisibili) e contro le quali scaglia le sue frecce di disprezzo, sono esattamente le nostre.
Di ogni uomo che, attraverso il suo “no” al conformismo, all’accettazione di un modello non condiviso , al compiacere gli altri, riafferma il famoso e assoluto “no” di Don Giovanni al Commendatore di fronte alla richiesta di pentimento.
Don Giovanni è imprigionato dentro di noi. Noi tutti siamo imprigionati in Don Giovanni.
Attraverso di lui scopriamo il nostro volto, le nostre macerie, il nostro fango, le nostre stelle. E scoprirlo, riconoscerlo è il primo passo verso la guarigione dalla “malattia dell’anima”.

L’allestimento scenico verrà ideato secondo una poetica che guarda alla metafisica, (per alcuni aspetti ispirandosi al movimento artistico della Metafisica pittorica e architettonica), ipotizza uno spazio che vive ”oltre la realtà sensoriale”, restituisce un tempo immobile e sempre identico a se stesso e presenta i personaggi come una sorta di “replicanti” di un modelli umani e relazionali che si ripetono all’infinito nella loro fallibilità e miserabilità, con poche trascurabili variabili.
Una scenografia che riproduce, nel primo atto, un labirinto metafisico, artificiale, di moduli componibili che riproducono siepi tridimensionali nella forma, ma bidimensionali nell’ aspetto decorativo esteriore (metafora del labirinto delle loro singole menti, nel quale i personaggi sono tenuti prigionieri, o forse solo ostaggi di se stessi) che, nel secondo atto, si trasforma in un labirinto di specchi, in cui, contemporaneamente, personaggi e pubblico possano guardarsi ( ma anche non vedersi, occultarsi e inseguirsi fino a perdersi) permette alla vicenda del “dissoluto” di frantumarsi, riprodursi all’infinito in un gioco meccanico di immagini non più controllabili, per riflettersi inevitabilmente e continuamente in se’ stessa.
E invita, per non dire “obbliga”, il pubblico a specchiarsi nel mito, a entrare nella giostra mentale e fisica di questo “dramma giocoso”, come enuncia il frontespizio del libretto, a guardarsi con gli occhi di Don Giovanni e degli altri personaggi della storia, intanto che si guarda con i suoi.
Per scoprire che, forse, i personaggi dell’opera, non fanno che riprodurre tipi umani universalmente riconoscibili, che siamo tutti “replicanti” di questa storia che si ripete sempre uguale ma sempre diversa.
Che anche noi, nel momento in cui assistiamo al “dramma sacrificale del mito”, elevato a capro espiatorio per eccellenza di tutte le nefandezze umane, possiamo provare ad “assolvere e autoassolverci”.

Serena Nardi


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