PIRANDELLO 150: AL MANZONI DI BUSTO "L'UOMO DAL FIORE IN BOCCA" E "LA PATENTE"
#PIRANDELLO150,
AL TEATRO MANZONI DI BUSTO GLI ATTI UNICI «L’UOMO DAL FIORE IN
BOCCA» E «LA PATENTE»
Si
apre con un omaggio a Luigi Pirandello, nell’anniversario
dei centocinquant’anni dalla nascita,
il 2017 del teatro Manzoni di Busto Arsizio. L’appuntamento,
inserito nel cartellone della stagione cittadina «BA
Teatro»,
è fissato per la serata di venerdì 13 gennaio, alle ore 21. Sul
palco saliranno gli attori di «Culturando», sotto la regia Gerry
Franceschini.
La ricerca drammatica
di un inafferrabile senso dell’esistenza umana, l’atroce beffa
del caso sulle nostre vite, l'assenza di una verità oggettiva delle
cose, l’umorismo come chiave per smascherare le menzogne delle
convenzioni sociali: sono molte le tematiche che rendono ancora oggi
attuale il messaggio di Luigi
Pirandello.
Ne danno prova gli atti
unici «L’uomo dal fiore in bocca» e «La patente»,
in cartellone al cinema
teatro Manzoni
di
Busto Arsizio
nella serata di venerdì
13 gennaio,
alle ore 21, nell’ambito della stagione
«Mettiamo in circolo la cultura».
L’appuntamento,
inserito nel cartellone
cittadino «BA Teatro»,
è proposto da «Culturando»
in occasione degli ottant’anni
dalla morte
(10 dicembre 1936-10 dicembre 2016) e dei centocinquant’anni
dalla nascita
(28 giugno 1867-28 giugno 2017) dello scrittore siciliano.
Sul
palco saliranno gli attori Davide
De Mercato
e Gerry
Franceschini,
con Valentina
Brivio
e Igino
Portatadino.
Firma la regia Gerry
Franceschini,
volto
non nuovo alla scena teatrale bustese, con all’attivo una lunga
esperienza nel mondo dello spettacolo che lo ha visto, tra l’altro,
recitare in testi di Primo Levi e Karol Wojtyla, nonchè collaborare
con la Casa Goldoni di Venezia, il Centro nazionale studi
pirandelliani di Agrigento, la Società Dante Alighieri, l’Università
Eötvös Lorànd di Budapest e il Centro nazionale studi leopardiani
di Recanati.
«L’UOMO
DAL FIORE IN BOCCA», PIRANDELLO E LA PRECARIETÀ DELL’UOMO
Il
senso
di ineluttabile incomunicabilità tra gli individui
e la struggente
consapevolezza della precarietà dell’esistenza umana
sono i temi che permeano «L’uomo dal fiore in bocca», dramma
borghese che lo scrittore di Agrigento mutuò dal racconto «Caffè
notturno» del 1918, ripubblicato cinque anni dopo con il titolo
definitivo de «La morte addosso».
Considerato
un vero e proprio cavallo di battaglia di tanti grandi interpreti del
secolo scorso, tra i quali l’indimenticabile Vittorio Gassman, lo
spettacolo debuttò al teatro Manzoni di Milano il 24 febbraio 1922,
diventando, con il tempo, un vero e proprio classico pirandelliano di
grande impatto emotivo e di straordinaria forza drammatica.
Il
pubblico viene trasportato all’esterno del caffè di una stazione
ferroviaria, illuminato dalle luci fioche della notte. In questo
scenario, squallido e crepuscolare, un «pacifico
avventore» (Davide
De Mercato), che ha perduto l’ultimo treno della sera e che, in
attesa del convoglio successivo, lascia scorrere il tempo
sorseggiando una bibita alla menta, si ritrova ad ascoltare la
dolente storia di un uomo
ammalato di epitelioma
(Gerry Franceschini), un cancro o, come scrive lo stesso Luigi
Pirandello, un fiore che la morte, passando, «ha ficcato» in bocca.
Il
dialogo, o meglio il semi-monologo del protagonista, si configura
come una meditazione
sull’esistenza umana,
sull’importanza della quotidianità e di tutto ciò che, in
condizioni normali, appare insignificante. Dai braccioli delle sedie
negli atri della stazione ai gesti che i commessi dei negozi compiono
per fare un nodo a un pacco, dall’arredamento delle sale d’attesa
dei medici all’imprevedibilità dei terremoti, tutto passa al
vaglio dell’uomo malato, in un estremo e unico punto di contatto
con la vita che sfugge, della quale egli vuole goderne fino allo
stremo delle sue possibilità esistenziali, «come un rampicante alle
sbarre d’una cancellata».
A
fare da colonna sonora allo spettacolo, secondo le indicazioni
fornite dallo stesso Pirandello nella didascalia iniziale dell’atto
unico, è il suono
del mandolino,
con canzoni come «Notte di stelle» di Mario
Rizzo
e il «Concerto per due mandolini» di Antonio
Vivaldi.
«LA
PATENTE», IL TEMA DELLA MASCHERA IN PIRANDELLO
«La
patente»
si configura, invece, come un magistrale ritratto di uno
dei più originali e paradossali atti di ribellione di un personaggio
pirandelliano contro le ingiustizie della società.
In questo lavoro, diventato famoso sul grande schermo grazie
all'interpretazione di Totò,
per la regia di Luigi Zampa e con la sceneggiatura di Vitaliano
Brancati,
l’autore siciliano presenta, nello specifico, un tema a lui caro
come quello della maschera forzatamente imposta, una maschera che
rende impossibile porsi agli altri per ciò che si è realmente e che
alterna così gli intrecci relazionali fra gli individui,
inquinandoli di pregiudizi e preconcetti.
L'atto
unico, tratto dall’omonima novella del 1911 apparsa sul «Corriere
della Sera» del 9 agosto di quell’anno e raccolta in volume nel
1915, sempre per i tipi dell’editore Treves di Milano, fu scritta
in dialetto siciliano nel 1917 e in lingua italiana tra il dicembre
1917 e il gennaio 1918. La prima messa in scena, il cui testo fu
edito sulla «Rivista d’Italia», si tenne, dopo una prima in
dialetto all’Alfieri di Torino, il 19 febbraio 1919 all’Argentina
di Roma, con la compagnia di Nino Martoglio e nell'interpretazione di
Angelo Musco.
Al
centro della scena vi è la figura di Rosario
Chiàrchiaro
(Gerry Franceschini), un «povero uomo» che costretto nella forma
dello jettatore dalla stupidità e dalla cattiveria dei suoi
concittadini -come dimostrano gli atteggiamenti superstiziosi
dell’usciere
Marranca (Igino
Portatadino) e le parole commosse della figlia
Rosinella
(Valentina Brivio)- decide di risolvere il problema chiedendo al
Regio Tribunale una «patente» che comprovi la propria «attività»
di menagramo. La situazione appare comica, ma il giudice
D’Andrea
(Davide De Mercato), al quale l'uomo si rivolge, naturalmente non
ride. Egli non crede alle dicerie della gente e, compresa la dolorosa
condizione di Chiàrchiaro, gli esprime il proprio sentimento di
solidarietà, pur rifiutandosi fermamente di concedergli una
«patente» che comprovi il suo stato di jettatore. Ma il paradosso
conquista la scena fino all’inatteso finale.
Ad
accompagnare la narrazione, che si chiude con il tipico «riso
amaro» di Luigi Pirandello,
è il canto
del cardellino,
l’amato uccellino che rappresenta per il giudice D’Andrea l’unico
ricordo della compianta madre e che, con il suo costante cinguettio,
è, nell’allestimento di «Culturando»,
protagonista al pari di Rosario Chiàrchiaro e del Pubblico
Ministero.
UNA
PROVA APERTA PER LE SCUOLE
Nella
mattinata
di venerdì 13 gennaio,
alle ore 10.15, è prevista una prova
aperta dello spettacolo riservata alle scuole secondarie di secondo
grado del territorio.
L’appuntamento, a ingresso
gratuito
(previa prenotazione del posto all’indirizzo
info@associazioneculturando.com)
e su
invito,
sarà seguita da una lezione-dibattito
su Luigi Pirandello e sulla sua produzione teatrale,
a partire dagli atti unici messi in scena e dal loro confronto con le
rispettive novelle.
Il
costo del biglietto per lo spettacolo «L’uomo dal fiore in bocca –
La patente», che sostituisce nel cartellone del cinema teatro
Manzoni la prevista commedia brillante «Un inganno tira l’altro»
con la compagnia «I reattori», è fissato ad €
20,00 per la platea ed € 15,00 per la galleria.
Il
botteghino del cinema teatro Manzoni di Busto Arsizio aprirà i
battenti nella giornata di giovedì 5 gennaio 2017, con i seguenti
orari: dal lunedì al venerdì, dalle ore 17 alle ore 19.
Per
maggiori informazioni sulla programmazione del cinema teatro Manzoni
di Busto Arsizio è possibile scrivere all’indirizzo
info@cinemateatromanzoni.it
o contattare lo 0331.677961 (in orario serale e nei giorni di
apertura del botteghino). Per informazioni sullo spettacolo «L’uomo
dal fiore in bocca – La patente» e sulla prova aperta riservata
alle scuole è possibile contattare l’associazione «Culturando»
all’indirizzo info@associazioneculturando.com.
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